ALLA RICERCA DEL TARTUFO NERO

Muoversi lungo la valle del Tanaro, là dove il fiume ha pennellato gobbe e calanchi, significa immergersi in un mondo inatteso, dove lo scorrere dell’acqua si mischia al respiro cadenzato dei coltivi e delle prime vigne di Langa. A Farigliano, ad esempio, il tempo pare essersi fermato come in attesa, indeciso sulla direzione da perseguire. Ed è proprio qui, in questo mondo che profuma di terra e di campagna, dove gli abitanti si sono guadagnati il simpatico appellativo di Gatt Ross, che è possibile vivere l’inaspettata esperienza di ricerca del tartufo. Da un lato la simbiosi silenziosa tra le micorrize e l’apparato radicale delle piante, dall’altro il legame indescrivibile tra il trifolao e il suo fedele cane da ricerca. Una storia di empatia e di sintonia, di ubbidienza e di riconoscenza, che rimanda ad una dimensione ancestrale, quando la semplicità rappresentava un valore aggiunto senza alcuna accezione dispregiativa. 

Il Tartufo Nero del Monregalese rappresenta oggi un’eccellenza gastronomica a tutto tondo, che si sta gradualmente affermando nella cucina locale dopo decenni di apparente disaffezione. Il sapore delicato e l’eterogeneità della sua applicazione, lo rendono un elemento distintivo di un territorio ricco di scorci e di angoli che soltanto l’occhio più attento sa cogliere e apprezzare. E così ci si muove lungo la vecchia ferrovia Bra-Ceva, caduta sotto i morsi implacabili dell’alluvione del 1994, e oggi utilizzata a tratti come sentiero naturalistico. Un cammino lungo i binari della storia, insomma, per accarezzare le pieghe del terreno, ascoltare i gorgheggi del Tanaro e scorgere il profilo frastagliato dei primi declivi coltivati a vigneto. Ma d’improvviso il sentiero scarta di lato e ci si immerge in una fitta boscaglia che gli ultimi aliti d’inverno rendono umida e fangosa. Pochi passi prima di riemergere lungo la carrozzabile e ritrovarsi di fronte alla tartufaia.

Un appezzamento scosceso, quasi inaccessibile, per un’esposizione ombrosa e appartata. Ad interrompere la linearità del terreno, alberi più o meno cresciuti diversi per età, specie e provenienza. Noccioli, carpini, aceri, olmi. Ancora una volta la contaminazione fa la differenza. Il cane si guarda intorno, fiuta, accenna un sorriso e poi parte. Lambisce i tronchi, scivola sul fango inclinato, si fionda sulle radici di un carpino. Scava, si agita, fiuta, si ferma. Tesoro trovato. Dopo la piccola ricompensa, il cucciolo legge i sussurri del vento, riprende a correre e via, di nuovo, a solleticare le radici degli alberi, in un gioco senza tempo che celebra il legame indissolubile tra uomo e natura. 


Reportage realizzato nell’ambito del progetto “Un viaggio sensoriale nel Monregalese, Langa Cebana e Val Tanaro alla ricerca e scoperta del Tartufo Nero”, promosso dall’ATL del Cuneese e co-finanziato dalla Regione Piemonte.