L’ALLEGRIA DEL CARNEVALE DI MONDOVÌ

Il Carnevale di Mondovì è un evento che risale al XVI secolo, ma la storia che raccontano le sue maschere tipiche ha origine oltre un millennio di anni fa. Durante i festeggiamenti il Moro, la Bela Monregaleisa e il resto della corte sono i protagonisti delle sfilate con i carri allegorici, delle cene di gala e delle serate di festa.

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Le maschere tipiche

Le sfilate

La chiesa di San Pietro

La figura principale è quella del Moro, maschera ufficiale dal 1950, che è descritto come “il più audace e meno crudele dei capi saraceni”. Leggenda narra che questo personaggio, durante le scorribande saracene del IX secolo, si vada a rifugiare nella torre che domina la Val Tanaro tra Garessio e Ormea. Qui viene assediato dall’Imperatore Ottone I, che alla fine della battaglia decide di concedere al Moro la signoria sui territori soltanto nel periodo di Carnevale.


Queste vicissitudini si intersecano con la storia della Bela Monregaleisa, una fanciulla del posto che viene rapita dal Moro e con lui condivide mille avventure. Una volta liberata, insieme a un gruppo di popolani, arriva al Monte Regale per inseguire il suo sogno: costruire un paese dove non esistano disparità sociali. Qui nascerà Mondovì. Tra gli altri personaggi che si avvicendano nella leggenda, troviamo anche Adelasia, figlia dell’imperatore, e Aleramo, la cui storia d’amore è ostacolata proprio da Ottone I.


Ogni anno queste vicende vengono rivissute in settimane di spassose e allegre manifestazioni. Il culmine del “Carlevè 'd Mondvì” è costituito dalle sfilate, durante le quali il corteo delle maschere dei personaggi storici si snoda per le vie cittadine accompagnato da grandi carri allegorici, da spettacolari gruppi mascherati e da numerose bande musicali. Per tutte le giornate di festeggiamento si succedono cene di gala, serate musicali, feste danzanti, eventi itineranti e iniziative di solidarietà..


Fuori dal periodo carnevalesco si può incontrare il Moro in cima alla facciata della chiesa di San Pietro, a Mondovì Breo. È proprio da qui che il suo curioso automa segna, con i suoi colpi di martello, il passare inesorabile delle ore e veglia sulla città in attesa del carnevale successivo.

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